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Tradurre bene per tramandare (n. 12)

“IN MEMORIA” o “IN MEMORIALE” ?

  1. Ci dobbiamo chiedere: è meglio tradurre «in memoria» o «in memoriale»?

  2. L’espressione «in memoriale di me», mentre offre lo spunto per opportune mistagogie sulla dinamica realistico-sacramentale legata all’impiego cultuale della nozione di memoriale (in ebraico: zikkaròn; in siriaco: dukràna), non presenta gli inconvenienti derivanti da un’interpretazione psicologica e soggettiva dell’espressione «in memoria di me».

  3. È proprio per evitare il pericolo di una comprensione debole che gli esperti del Cœtus X avevano proposto di sostituire la formula «in mei memoriam» del canone romano con la formula – adottata poi dal Messale di Paolo VI per tutte le preghiere eucaristiche – «in meam commemorationem».

  4. La motivazione addotta così recitava: «Hodie [memoria] facilius intelligi posset de recordatione mere psicologica, dum verbum “commemoratio” facilius innuit sensum de signo obiectivo concreto» (BARBA, La riforma conciliare dell’Ordo Missæ, 2002, 491; cf ib. 495: « ... sensum concretum obiectivum et ideo sacramentalem... »; inoltre cf BUGNINI, La riforma liturgica, 1997, 380).

  5. Se nella futura revisione della traduzione italiana si optasse per l’espressione «Fate questo in memoriale di me» (invece di «... in memoria di me»), si evidenzierebbe meglio il nesso del racconto istituzionale con la successiva anamnesi, che peraltro le attuali traduzioni già avviano con l’espressione «Celebrando il memoriale...» (PE II e III), o perlomeno facendo ricorso al termine «memoriale» (canone romano e PE IV).

  6. Essenziale per comprendere la logica dell’anamnesi è ravvisare nell’unico movimento anamnetico le sue due componenti fondamentali e inseparabili, e cioè: la dichiarazione anamnetica («Memores igitur mortis et resurrectionis eius...») e la dichiarazione offertoriale («... offerimus tibi panem et calicem»).

  7. È significativo notare che la compagine sintattica delle anafore greche e latine dà costantemente la dichiarazione anamnetica come proposizione participiale, e la dichiarazione offertoriale come proposizione principale.