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Predicare, sì! Ma come?

C. GIRAUDO, Aiutare l'assemblea ad ascoltare la Parola. Natura e finalità dell'omelia liturgica, in Rivista Liturgica 95 (2008) 981-1000
Dopo un cenno ai documenti della riforma liturgica che trattano dell’omelia, si esaminano gli interventi più significativi fatti nel recente Sinodo sulla Parola di Dio. L’approccio biblico-pastorale si è rivelato ricco e stimolante, grazie alla presenza tra i sinodali di numerosi esegeti. Debole è parso invece l’approccio liturgico. Davanti a due interrogativi sollevati dalla lettura del materiale sinodale, l’articolista si chiede (a) se sia esatto riferire all’omelia la nozione di attualizzazione, e (b) se sia davvero l’omelia a concludere la liturgia della Parola.
   
   

 

  1. Il presbitero dovrà sobbarcarsi al ministero omiletico con umiltà e tenacia, operando al limite delle sue risorse, senza cedere alla routine e alla stanchezza. Dovrà dedicare al munus docendi lunghi momenti di studio e di riflessione. Dovrà convincersi sempre più che il popolo di Dio, per progredire nella fede, ha bisogno di essere sorretto da chi ha ricevuto il mandato di insegnare. Sensibile ai bisogni della sua comunità, egli dovrà ritagliarsi appositi spazi per la preparazione accurata dell’omelia, interrogando i testi sacri, sforzandosi di tradurre in maniera attuale e comprensibile il messaggio che essi propongono all’uomo di sempre.

  2. Nella sua predicazione non dovrà appagarsi di frasi alate, che spumeggiano di buoni sentimenti, che accarezzano l’orecchio degli uditori, senza penetrare nel profondo delle coscienze. Ben convinto che l’omelia non è una lezione di esegesi né una riflessione di taglio sociologico, egli si abituerà a far interagire le diverse letture, al fine di trarre dal loro messaggio congiunto quel richiamo ai valori veri e quelle norme di vita alte e forti di cui necessitano le nostre comunità, esposte oggi più che mai a una propaganda potente e prepotente che mira a imporre i suoi valori.

  3. L’omileta dovrà darsi il tempo necessario, senza costringere il suo intervento in cinque minuti. Se i fedeli sono impazienti, la responsabilità è di chi li abitua a sbrigare troppo in fretta il momento dell’omelia. Cinque minuti non sono sufficienti per trasmettere un messaggio impegnato. Occorre proporlo in maniera tale che si imprima nella mente e nel cuore di quanti ascoltano, preoccupandosi di fondarlo bene sotto il profilo biblico-teologico.